Mentre i fili di Bolt fermano Mylo, il futuro della bio
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Mentre i fili di Bolt fermano Mylo, il futuro della bio

May 28, 2023

MILANO –Il percorso di sostenibilità della moda è articolato su più fronti e lastricato di innovazione attraverso materiali e processi.

Nella prima categoria, il numero di alternative biologiche e a basse emissioni etichettate come rivoluzionarie è innumerevoli. Eppure l’innovazione può davvero prosperare e lasciare un segno sostanziale solo quando è su larga scala.

La notizia di mezza estate secondo cui Bolt Threads, società di innovazione dei materiali con sede in California, aveva interrotto la produzione della sua alternativa alla pelle a base di Mylo mycelium (un sistema simile a una radice di funghi), a causa del deterioramento delle condizioni macroeconomiche e degli ostacoli nell'ottenere nuovi finanziamenti, ha inviato un messaggio su come le voci e gli affari non funzionano non vanno sempre di pari passo.

Stella McCartney è stata una delle prime ad adottare Mylo. Ha iniziato a lavorare con Bolt Threads nel 2017, quando ha inserito il materiale in un prototipo della borsa Falabella caratteristica del marchio, che è stata presentata nella mostra "Fashioned from Nature" del Victoria & Albert Museum del 2018. Ma le ci sono voluti cinque anni per portare finalmente l'innovazione al dettaglio, debuttando l'anno scorso con 100 borse Frayme Mylo. Nel 2021 McCartney ha utilizzato il materiale con marchio registrato per due capi di abbigliamento non in vendita. Adidas, Lululemon e Kering hanno seguito le sue orme.

Il materiale a base biologica è solo una delle tante iterazioni simili, alternative alla pelle, al poliestere e persino alla seta.

Tra questi ci sono Piñatex, finta pelle realizzata con fibre di foglie di ananas; Vegea, fatta di scarti di meleto e vigneto; Desserto, realizzato con foglie di cactus macinate; la viscosa Demetra interna di Gucci e un composto di pasta di legno; Sylvania, il materiale derivato dai funghi prodotto dalla start-up californiana MycoWorks e approvato da Hermès, così come la setosa Orange Fiber, il filo Spiber simile al cashmere creato tramite processi di fermentazione ed estrusione utilizzando microbi e zucchero, e il tessuto Peelsphere realizzato degli scarti di frutta e delle alghe attraverso l’ingegneria dei materiali avanzati.

La società di dati Vantage Market Research stima che le fibre ecologiche abbiano generato vendite per 53,9 miliardi di dollari nel 2022, una cifra destinata a quasi raddoppiare entro il 2030 con un tasso di crescita annuo composto del 7,8%.

Tuttavia, abbracciare queste innovazioni può essere una scommessa per i marchi di abbigliamento e stilisti, costretti a investire molti soldi con poche prove sul ritorno sull’investimento.

Molti stanno stringendo partnership e accordi con innovatori tessili e di materiali per aiutarli ad andare avanti nella ricerca e nello sviluppo. Altri, tra cui Kering attraverso il suo Materials Innovation Lab, o MIL, con sede a Milano, li stanno testando internamente, fornendo feedback per aiutarli a raggiungere la scala industriale.

Tuttavia, il numero di produttori tessili affermati e di aziende start-up che uniscono le forze è ancora troppo basso e la loro collaborazione è vista come determinante nel combinare l'acume imprenditoriale e il portafoglio di clienti del primo con la mentalità innovativa del secondo.

Le analisi dei consumatori evidenziano costantemente una crescente e crescente domanda di sostenibilità da parte dei clienti più giovani, ma i dati insufficienti confermano che tali clienti sono disposti a pagare di più per prodotti che utilizzano materiali alternativi.

All’inizio di quest’anno, lo specialista del cotone Albini Group ha introdotto il cotone biologico ottenuto da agricoltura rigenerativa, con un prezzo premium offerto principalmente dai marchi di lusso. Il suo amministratore delegato, Stefano Albini, era ancora titubante nell’estendere la tecnica agricola al cotone normale, temendo che avrebbe avuto poca trazione commerciale.

Inoltre, essere vegani o evitare l’uso di risorse derivanti da combustibili fossili non implica necessariamente essere completamente sostenibili o biodegradabili. I materiali di origine biologica spesso non eliminano del tutto i materiali sintetici, anche se in piccole quantità sotto forma di solventi, rivestimenti o plastificanti. Ciò lascia un grande punto interrogativo su come facilitare il riciclaggio dei tessili, una priorità non solo per l’industria ma anche per i legislatori.

Allo stesso modo, anche se il ricorso ai rifiuti agricoli come materia prima rientra nel perimetro dell’economia circolare, gli esperti sollevano controargomentazioni secondo cui la creazione di nuovi materiali non è sempre la soluzione migliore.